• Una scuola per sentirsi sicuri

    Angela Cavallini insegna nella scuola primaria di San Felice sul Panaro. Con i suoi alunni, all’inizio dell’anno, ha ricominciato in una scuola costruita con tutti i criteri antisismici. Ecco la sua ricetta per sentirsi più sicuri.

     

  • Giornalista per un giorno

    Il reportage di Filippo,classe quinta della scuola primaria di Dosso di Sant’Agostino, dai luoghi della mostra.

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    I ragazzi collaborarono con esperti e realizzarono dei plastici fantascientifici.

    I bambini delle classi terza quarta e quinta dell’ istituto Dante Alighieri di S. Agostino(S.Carlo e Dosso), così come i bambini di Crevalcore,S.Felice sul Panaro e Ferrara,hanno costruito dei plastici fantascientifici unendo la scienza, la fantasia e l’ ingegno. I lavori realizzati dai bambini sono anche il risultato di un percorso durato tutto l’ anno scolastico, con degli esperti che hanno spiegato loro gli aspetti fondamentali del terremoto del 20 maggio e del 29 maggio. I bambini,cominciato il percorso e finiti i plastici, hanno collaborato con gli insegnanti e hanno ottenuto una diffusione, nei territori vicini, dei loro lavori. Gli istituti stanno inoltre cercando di fare apparire i loro lavori anche sui mass media per promuovere il lavoro. I bambini sono molto contenti del lungo lavoro svolto ma soprattutto di averlo visto proiettato in due favolose serate, in attesa della terza. Per loro è molto importante da molti punti di vista. Hanno immaginato un paese con l’ erba elastica che oscilla quando c’è una scossa, dove gli abitanti nelle case che si muovono a destra e a sinistra si divertono se non hanno paura. Poi c’è l’ S.O.S casa, una macchina che risucchia le macerie e ributta fuori la casa nuova. Che fantasia questi ragazzi!

  • Il rumore del silenzio

    Dal tempi del Friuli in poi, se chiedo a qualcuno che è stato testimone di un terremoto qual è la cosa che lo ha spaventato di più, due volte su tre mi dice: il rumore. La cosa che invece ha letteralmente terrorizzato me è stato il silenzio. L’ho conosciuto a L’Aquila già il primo giorno in cui abbiamo iniziato i sopralluoghi per girare “Non chiamarmi Terremoto”. Camminavamo per il centro storico abbandonato, cristallizzato in un’istante che sembrava eterno, come nel mondo della Bella Addormentata che guardavo da piccola nei volumi delle Fiabe Sonore. Dove passa il terremoto c’è un silenzio che fa male alle orecchie, perché non è il silenzio bello, che ti sei meritato dopo una giornata impegnativa, quando affondi fino alle orecchie nella vasca da bagno come un ippopotamo. E’ piuttosto un silenzio da vecchi set di film western abbandonati. Pieni di fantasmi, di frasi lasciate a metà, di gesti che nessuno porterà a termine. Arrivando a Crevalcore, poco più di un mese dopo la scossa più forte, ho provato la stessa paurosa emozione. Giravo per un corso solitario, sospeso nel nulla, sorretto da stampelle di legno e cinghie, afflitto dalla stessa rumorosissima assenza di suoni, voci, parole, vita quotidiana. Ho pensato che per un regista, provare le stesse paure dei personaggi che ha inventato, è un incubo vero! Per questo il sollievo è grande quando le strade vuote, i negozi, i portoni si riempiono di colori, disegni, plastici. Oggetti che riportano alla vita, che attirano persone ancora troppo spaventate per riappropriarsi delle strade in passato a lungo calpestate… I colori chiassosi di un cartoncino, le molle sbilenche sotto al modellino di una casa, le invenzioni antisismiche dei più piccoli… La funzione terapeutica del lavoro di rielaborazione di bambini e ragazzi si allarga a macchia d’olio su tutta la comunità. Rimette in forze, dà un po’ di coraggio. É vero, funziona proprio così. L’ho già visto accadere. Accade in questi giorni a San Felice, Sant’Agostino, Crevalcore…

    Beba Gabanelli

  • Con gli occhi dei bambini

    Il perché di una “ricostruzione fantastica” raccontato da Flaminia Brasini e Delia Modonesi di ConUnGioco onlus, che hanno immaginato il percorso della mostra dalla progettazione all’esposizione. O meglio, che questo modello hanno il merito di averlo inventato.

    LAVORARE NELLA RICOSTRUZIONE
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    ConUnGioco lavora da molto tempo nel progetto Edurisk, che da dodici anni INGV, DPC e altri ancora propongono alle scuole di tutta Italia, facendo educazione al rischio con mostre attive, laboratori, pubblicazioni, interventi di vario tipo. Abbiamo la fortuna di lavorare quasi sempre “in tempo di pace”, per prevenire e preparare: un privilegio che in Italia spetta a pochi, mentre dovrebbe essere la normalità! Nel nostro paese si lavora soprattutto (spesso anche bene) in emergenza, ma ci si cura pochissimo del prima e altrettanto poco del dopo. L’esperienza con bambini/e e ragazzi/e sul tema del terremoto ci ha invece convinte di una cosa: la prevenzione è fondamentale (e questo è facile intuirlo, se solo si ragiona fuori da interessi personali e in una prospettiva temporale non del tutto miope) ma altrettanto fondamentale è il lavoro nel momento della ricostruzione e del ritorno alla normalità.

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    Nella fase della ricostruzione si definisce la capacità delle persone di assorbire, elaborare e integrare l’esperienza del terremoto nella propria vita. Dopo il trauma ci si inizia a confrontare quotidianamente con il cambiamento avvenuto e si riorganizza il proprio vissuto, il rapporto con il proprio territorio e con gli altri, sulla base di questa nuova e fortissima esperienza. Se il processo di elaborazione e ritorno alla normalità funziona “bene”, se la ricostruzione tiene conto delle persone, dei/delle bambini/e, dei desideri, dei bisogni, il terremoto lascerà un certo tipo di tracce, altrimenti ne lascerà altre, molto più pesanti. Per questo ci sembrava fondamentale offrire a una cittadinanza che aveva da poco vissuto un terremoto la possibilità di partecipare alla ricostruzione, di mettere in campo energie e visioni del futuro,in maniera giocosa e fantastica.

    PERCHÈ PARTIRE DAI BAMBINI
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    “Facciamo noi! Una ricostruzione fantastica” nasce quindi dalla volontà di creare intorno all’anniversario del terremoto un’occasione per dare ai bambini il diritto di prendere la parola e colorare la città con le loro idee sul terremoto e sulla ricostruzione.
    Perché i bambini? Perché guardano le cose con altri occhi e ci insegnano come fare. I bambini reagiscono meglio e prima alla trasformazione, elaborano più in fretta, hanno accesso più facile alla fantasia che trasforma la realtà e ti fa protagonista della tua storia. Il progetto ha coinvolto bambini/e e ragazzi/e in un percorso di conoscenza del terremoto, di riflessione sul territorio, di elaborazione di una ricostruzione fantastica e vitale: sono state progettate e costruite macchine contro il terremoto, case dei desideri, nuovi oggetti per popolare le strade e le piazze delle città coinvolte. Inventare nuove case, immaginare il futuro, desiderare e costruire nuove città e nuove tecnologie sono stati esercizi di fantasia che i bambini hanno svolto con entusiasmo, contagiando presto gli adulti intorno a loro, perché nel delicato processo di ricostruzione ognuno ha il suo vissuto, le sue idee, sue risorse e bisogni e il diritto di esprimerli. Partire dai bambini quindi per arrivare a tutti.
    Accanto ai bambini da subito ci sono stati insegnanti, genitori, ragazzi più grandi, negozianti, amministrazioni e cittadini che hanno riconosciuto la necessità di dare spazio alla fantasia.

    ricostruzione
    In piena ricostruzione, quando solidità e concretezza appaiono gli unici valori che contano questo progetto ha fatto sperimentare e comprendere a molti adulti l’importanza vitale della fantasia, del rispetto dell’identità, del bisogno di bellezza.
    La sicurezza, il ritorno alla “normalità” (che non potrà mai più essere la stessa) sono fondamentali ma uguale valore va riconosciuto ai desideri, ai progetti, ai bisogni emotivi sia dei piccoli che dei grandi, che troppo spesso se li negano.
    I bambini hanno raccolto, con la disponibilità ad inventare soluzioni e proposte fantastiche, il bisogno inespresso degli adulti di elaborare quest’esperienza; chiedendo agli adulti il loro aiuto hanno dato loro una chiave con cui i grandi hanno riconosciuto il loro diritto alle emozioni. Così gli adulti si sono messi a servizio dei bambini, dedicando il loro tempo e le loro abilità. Ragazzi più grandi, alunni di un istituto tecnico, hanno aiutato a realizzare le invenzioni anti-terremoto ideate dai bambini ferraresi, verificandone e valorizzandone il significato, la concretezza e la fattibilità.
    Tutti gli insegnanti hanno dedicato tempo e passione e hanno colto l’opportunità di vivere questo progetto per riconoscere nei bambini, come in loro stessi, il profondo bisogno di rispettare le emozioni. Genitori, negozianti, cittadini, hanno contribuito fattivamente dando una mano concreta a realizzare il progetto, diffonderlo e renderlo significativo per tutta la comunità.

    LA CITTADINANZA
    Il progetto si è sviluppato nelle scuole, per arrivare in strada, nei luoghi frequentati da tutti, in modo che l’intera cittadinanza potesse “incontrare”, magari per caso, i desideri e le proposte dei/delle bambini/e. Fin da subito abbiamo pensato ad una mostra diffusa: un allestimento che occupasse le vie e le piazze, i negozi e gli uffici, delle città coinvolte; fare una mostra diffusa vuol dire portare l’immaginario dei bambini per le strade e dare la possibilità a tutti di confrontarcisi.

    E per ora l’idea sta funzionando.

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  • È solo una fiaba? Invece è realtà.

    Gli alunni e le alunne della classe seconda D della scuola primaria L.A. Muratori di San Felice sul Panaro, con l’insegnante Angela Cavallini, il terremoto l’hanno rielaborato così.

    Una mattina ci siamo svegliati e… tutto è cambiato!?!
    All’improvviso… un tremore, un boato, uno scossone, due, tre. Voci lontane… Voci vicine…

    Aiuto! Cosa sta succedendo! Il terremoto! Dove sei? Non ci vedo! Mamma, papà dove siete? Svegliati! C’è il terremoto! Mettiti sotto all’architrave! Mettiti sotto all’arco del soggiorno! Ho paura! Un’altra scossa! Svelti usciamo! Aspetta ancora! E’ tutto a terra! Attento ai vetri, ti puoi tagliare! L’armadio è caduto! Sono sotto al letto! Il mio letto si è spostato! Sono caduto dal letto! Vieni fuori! Presto scendiamo! Attento agli scalini! Metti un cuscino sulla testa! Attento ai calcinacci! Attento ai comignoli! Ci siamo tutti? Dov’è il cane? È scappato. Guarda, la casa trema! Senti quante scosse? Ho freddo! Ho paura! E i nonni? Il telefono non prende! Non ho preso la chiave dell’auto! Non ci vedo, ho lasciato in casa gli occhiali! Le mie medicine! Corri a vedere se la nonna sta bene! Che disastro! È crollata la rocca! È crollata la chiesa! Il centro è coperto da un gran polverone!

    Elisabetta: è cambiato il nostro paese.

    Vlad: sono cambiate tutte le case.

    Veronica: la rocca è crollata, solo una torre è rimasta su.

    Ludovica: tutta la gente è cambiata.

    Samuele: le nostre case non sono come prima.

    Daniele: le scuole sono cambiate.

    Nicola: il colore delle auto è cambiato.

    Kabir: è cambiato tutto.

    Luca: si scuoteva la terra.

    Gabriele: ci sono state tante scosse.

    Samuele: siamo usciti dalle case.

    Laura: tutti urlavano.

    Eleonora: una persona si è buttata dal balcone.

    Alex: alcune persone sono scappate via.

    Sofia: è scoppiato l’acquario di mia zia.

    Sophia: è andata via la luce.

    Giuseppe: ho sentito tremare il letto.

    Kabir: si sono rotti i piatti e i bicchieri.

    Yassin: c’erano le crepe sulle scale.

    Ludovica: cadevano i quadri.

    Giuseppe: cadevano i libri.

    Laura: abbiamo avuto paura.

    Veronica: Le televisioni si sono rotte.

    Vlad: i mobili della cucina sono caduti.

    Sofia: si è rotto l’armadio.

    Luca: alcune persone hanno cercato un’altra casa.

    Gabriela: i mobili ci cadevano addosso.

    Luz: i vasi dei fiori si sono rotti.

    Gabriele: solo alcuni hanno fatto in tempo a vestirsi.

    Vlad: altri erano in mutande.

    Eleonora: alcuni vicini sono venuti a dormire in macchina con noi.

    Luca: le persone sono tornate in casa per prendere il necessario.

    Giuseppe: la sera prima si era sentita una scossa.

    Eleonora: io avevo sentito una scossa prima e dormivo giù.

    La nostra mente va indietro nel tempo. Avevamo una bella rocca, con un parco dove i bambini si divertivano a giocare. Avevamo la chiesa, una bella scuola, il teatro, tanti negozi nel centro.

    Poi le persone hanno comprato le tende, le roulotte, i camper, i container, le casette di legno. Alcuni sono scappati al mare, in montagna, altri hanno cambiato casa e sono andati in città a Ferrara, a Milano, a Bologna. Altri ancora sono tornati in Marocco, in Polonia.

    Il mio papà è andato ad aiutare nel campo della Protezione Civile della Toscana.

    Abbiamo dormito in auto con un vetro rotto. I miei vicini sono andati in Francia perchè avevano paura. Alcuni animali sono morti, altri sono scappati. Io sono andata via con i miei animali.

    I nonni volevano rimanere nelle loro case. Ci siamo accorti che alcune case sono crollate. Una casa si è spaccata a metà. Il capannone di mio zio è crollato. Nelle scuole ci sono venute molte crepe.

    Dopo alcuni mesi siamo tornati a scuola e ci siamo ritrovati. Kabir è tornato in marzo perchè era andato in un albergo a Ferrara.

    Ora siamo in una scuola nuova, antisismica, con delle aule piccole ma sicure, abbiamo le lavagne multimediali in tutte le classi e sta crescendo un bel prato intorno alla scuola.

    Stiamo bene.

    Abbiamo conosciuto nuovi amici che ci scrivono le letterine da scuole lontane e di altre regioni.

    Tra poco ci costruiranno una palestra, una mensa, delle aule nuove e grandi, e… finalmente andremo in gita al Parco Esploraria!

  • Terremoto: istruzioni per l’uso

    “Ci sono già passato. So come si deve fare, anche se non è facile. So cosa provi, come ti cambia. Non ti giudico se hai paura, ti capisco. Non mi viene da ridere se, nel cuore della notte, salti già dal letto e ti butti sotto il tavolo.”
    Non è quello che esce dalle bocche. Ma dagli sguardi.