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Il metodo
Alessandra Pederzoli è una delle insegnanti della scuola primaria di Dosso di Sant’Agostino che ha aderito al progetto della mostra diffusa “Facciamo noi!”. E quel che racconta è il metodo utilizzato per realizzarla. Il lavoro ha coinvolto ragazzi, insegnanti, personale non docente per l’intero anno scolastico.
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San Felice sul Panaro: un anno dopo
È passato un anno e San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, sceglie di celebrare il primo anniversario del terremoto con l’allestimento della mostra diffusa “Facciamo noi!”, simbolicamente nel periodo tra una scossa e l’altra; le scosse più forti, perché da queste parti ne ricordano una serie infinita, che ti tenevano sempre in allerta. Sogni, paure, desideri, “istruzioni per l’uso” dei terremoti, kit di sopravvivenza: dai bambini e le bambine di San Felice a tutta la comunità.
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Mai sentito prima…
Sottotitoli possibili: se c’ero, dormivo. Oppure: avevo capito subito che era quello, il terremoto. Gran parte del mondo si divide tra queste due reazioni. E voi, di che categoria siete?
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Tra pari
All’IIS G.B. Aleotti di Ferrara sono programmate per la mattinata (un giovedì che sembra come tanti ma invece non lo è) una serie di attività in cui i ragazzi grandi spiegano a quelli più piccoli venuti apposta dalla scuola media come funzionano i terremoti, perché avvengono e cosa li mette in moto.
Quelli più piccoli mettono in pratica le cose imparate attraverso la costruzione di manufatti per testare le leggi della fisica che regolano i movimenti sotto la crosta terrestre e quelli della meccanica che permettono agli edifici di restare su, oppure non impediscono che vengano giù. E tutti gli altri intorno imparano, osservano, si fanno delle domande: insegnanti, genitori, personale della scuola.
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Il laboratorio
Provate a immaginare… Cosa succede se… Che differenza c’è tra…
Il laboratorio che le ragazze e i ragazzi dell’IIS Aleotti di Ferrara hanno immaginato per gli studenti delle scuole medie si basa tutto sulla deduzione, sui rapporti di causa-effetto, sugli esempi concreti.I più giovani prestano davvero molta attenzione e a lungo. Chiunque abbia mai fatto un laboratorio con le seconde medie sa quanto sia difficile mantenere costante la concentrazione, non perderli per la strada. Dipenderà dal fatto che l’esperienza del terremoto li ha spaventati? Sarà la presenza della telecamera?
Forse quel che li tiene ancorati è semplicemente il linguaggio. E i tempi della narrazione dei compagni più grandi, che lasciano lo spazio per pensare, ricordare, soppesare.
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Imparo mentre insegno, insegno mentre imparo
Ci sono due cose interessanti in questa modalità di lavoro. La prima è la sensazione di sicurezza che dà ai ragazzi l’idea di poter dominare la paura attraverso la conoscenza.
Capisco, sperimento, imparo mentre insegno, insegno mentre imparo, mi metto alla prova… e tutto questo mi dà la sensazione che mai, se dovessi incontrare nuovamente un terremoto, mi troverei così impreparato e spaventato…
E poi è interessante l’esatto contrario: la lieve insicurezza che hanno negli occhi i ragazzi, e quel misto di soddisfazione e disagio davanti a una prova piuttosto inedita. Stare dall’altra parte, dalla parte dei professori, o essere guidati da insoliti maestri, che potrebbero essere fratelli maggiori.
Non è così facile ottenere l’attenzione, suscitare l’interesse, spiegare quel che si sa. E nemmeno formulare le domande senza vergognarsi di apparire sciocchi, far vedere che si è compreso, dimostrarsi all’altezza delle aspettative… -
Ci voleva il terremoto?
Quando la scuola si mette in gioco così profondamente tutto sembra assumere un altro significato, e va riconsiderato in una nuova ottica: i professori e i ragazzi, le strutture scolastiche, le pure nozioni e l’intera didattica. Tutto frulla, come col terremoto, ma questa volta per tornare a posto poco dopo, in un ordine più comprensibile e giusto. Non è forse quello che dovrebbe fare sempre un sistema educativo? E ci voleva proprio il terremoto per rendere possibile questo piccolo rimescolio di ruoli, percezioni, possibilità?
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Un passo indietro
Prima del terremoto in Emilia c’è stato quello, devastante, di L’Aquila. Siamo un Paese che non si fa mancare nulla. Già mesi prima delle scosse del 6 aprile 2009, in alcune scuole medie della città abruzzese, visto l’elevato rischio sismico dell’area, era partito il progetto Edurisk sulla prevenzione dei danni associati al terremoto. Edurisk è nato dalla volontà e dall’esperienza della sezione bolognese dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Con la collaborazione di formicablu, agenzia di comunicazione scientifica, sono stati realizzati anche una docufiction, un video tutorial e due blog. Il primo è frutto di un laboratorio di radio/podcast realizzato a L’Aquila nella scuola media Dante Alighieri. Il secondo è questo. Accanto, dentro e intorno a tutto questo, già dal 2007 c’è la progettazione e la realizzazione di una mostra fatta dai ragazzi delle scuole che aderiscono a Edurisk, per spiegare a insegnanti, genitori e amici cos’è un terremoto, che danni fa, come si può evitare il peggio. Di solito funziona.
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Le parole del terremoto
È una bella mattina di sole, non c’è traffico sulla statale che ci porta da Bologna verso Ferrara. Abbiamo sbagliato strada, è vero, ma non fa nulla. I fossi, la pianura, i peschi che cominciano a fiorire (no, non possono assolutamente essere mandorli…) ci riassicurano nella normalità in cui la bassa emiliana è tornata a quasi un anno di distanza dalle scosse del 20 e 29 maggio 2012.
Un po’ pazza e crudele, forse anche ingrata, che ha cominciato a vomitare fango e a “scossare” con intensità variabile. Da queste parti erano passati 400 anni. E chi ci pensava più. Nella macchina ci sono una biondissima e girovaga giornalista scientifica specializzata in dati, uno storico sismologo che riesce a ristabilire la quiete immediata là dove è scoppiato il panico, un’autrice di storie che odia espressioni come “video virale”. Fisicamente non sono presenti in macchina ma nella storia ci sono anche una giornalista esperta in video assolutamente selvaggia, due creatrici di conoscenza col dono dell’estrazione del sapere da materiali di uso comune: carta, molle, tempere. E soprattutto in questa storia ci sono molti studenti e professori. Di diverso grado, esperienza e sensibilità. E c’è un format, che potremmo (forse banalmente) chiamare: “Sapere scaccia Paura”.
I ragazzi grandi spiegano a quelli più piccoli come funzionano i terremoti, perché avvengono e cosa li mette in moto, anche con l’aiuto di materiali autoprodotti ed esperimenti. Quelli più piccoli mettono in pratica le cose imparate attraverso la costruzione di altri manufatti per testare le leggi della fisica che regolano i movimenti sotto la crosta terrestre e quelli della meccanica che permettono agli edifici di restare su, oppure non impediscono che vengano giù. E tutti gli altri intorno imparano, osservano, si fanno delle domande: insegnanti, genitori, personale della scuola.
La musica del filmato è Creative Commons 2.5
Autore: Beatmapper
Titolo: Tattoo (her highness orchestremix)